"Ieri ho appreso con grande tristezza la notizia della morte del Professor Giunta e quasi con incredulità. La sua energia vitale, la sua lucidità, le sue aperture al nuovo lo facevano sembrare quasi immortale.
Si sarebbe dovuto laureare in Teologia a Novembre prossimo, con una tesi sul Processo a Galileo, e devo dire che mi sarebbe piaciuto poterne leggere le parti più controverse e salienti. Tutti noi avremmo voluto presenziare!
Chi non lo ricorda quando scriveva col gesso alla lavagna e poi cancellava e modificava le formule così velocemente che noi studenti, impegnati a prendere appunti, restavamo disorientati e decidevamo coi compagni che “alcuni scrivevano i testi, altri copiavano le formule”. Erano gli anni ’70, e lui offriva in Via Accademia 17, corsi serali per studenti lavoratori, che molti di noi seguivano perché impegnati nei laboratori (allora biennali) di tesi a tempo pienissimo. Inutile negare che per molti studenti dare il suo esame era un incubo: bisognava amare la materia, frequentare, avere dei buoni appunti e buona memoria ed aver rispettato la propedeuticità di sostenere prima inorganica, poi organica e solo alla fine biochimica. Perché la materia non andava imparata a memoria, andava compresa. La biosintesi della lisina era tra le domande più temute.
Durante il mio lavoro di tesi a Microbiologia, avendo già passato con successo il suo esame che mi era piaciuto tantissimo, mi sono avvalsa più volte dei suoi consigli: dovevo sperimentare se chinoni e AMPc migliorassero la permeabilità di membrana agli antibiotici, ed ho avuto ottimi risultati pubblicabili. Da quel momento le nostre strade si sono incrociate, ed il mio trasferimento dalla facoltà di Medicina ai suoi laboratori in quella di Scienze, dopo la specialità, ha consolidato la nostra conoscenza.
La cosa che ho più apprezzato era la sua grande disponibilità verso gli studenti interni che smentiva la sua fama di professore troppo esigente agli esami. Aveva sempre una buona parola quando gli esperimenti “non venivano” e anche un’attenzione particolare ai problemi personali dei suoi allievi. Per tutti noi suoi studenti e collaboratori è stato un buon padre che coltivava le doti dei figli senza forzature o costrizioni, lasciandoci realizzare secondo le nostre attitudini naturali. In un gruppo di lavoro c’è bisogno del preciso, del matematico, del creativo, del coordinatore.
Gli sono molto riconoscente sia per aver cercato un compromesso tra le sue ricerche (Na/K ATPasi da rene) e il mio innegabile amore per la microbiologia, sia per avermi dato fiducia ed avermi lasciato aprire percorsi nuovi come la biochimica ambientale, la proteomica, la biochimica applicata ai beni culturali, la biochimica metabolica sistemica, che mi hanno fatta crescere in diversi ambiti e mi hanno resa felice di questo lavoro. I progetti erano sempre tanti e diversificati che non mi sono mai annoiata e adesso posso dire che questa trasversalità di competenze mi ha aperto la mente verso una visione multidisciplinare e sistemica, tanto preziosa in questo nuovo millennio in cui la teoria della complessità sembra l’unica risposta a troppe domande irrisolte.
Lui stesso apriva sempre nuove strade: negli anni ’80 ha sviluppato il progetto della Scuola di Specializzazione in Applicazioni Biotecnologiche, poi, nel decennio successivo il Dottorato in Chimica delle Proteine, poi in Scienze Bio-Chimiche, e nel 2009 è stato il fondatore del Corso di Laurea Magistrale in Scienza degli Alimenti e Nutrizione Umana in collaborazione con la Facoltà di Medicina. Nel corso della sua carriera universitaria ha intrecciato rapporti con aziende tra cui la Novamont, la Biraghi e la Ferrero, con altri dipartimenti tra cui Agraria, Veterinaria, Chimica, Farmacia e Medicina, e con enti di ricerca importanti come il CNR, l’Istituto Zooprofilattico e il CREA-ENO. Partecipava a tutti i congressi scientifici di biochimica e di proteomica, ed era molto apprezzato per la sua immensa cultura classica che lo ha poi portato a scegliere di continuare i suoi studi dopo il pensionamento.
La vita non gli ha risparmiato prove dure: rimasto orfano di padre in giovanissima età, ha conseguito la maturità classica e poi la laurea in Scienze naturali e successivamente in Scienze biologiche da studente lavoratore. Appena pensionatosi è rimasto vedovo. Eppure la sua fiducia nella vita non è mai venuta meno ed ha sempre guardato al futuro con ottimismo. Si è occupato dei due nipoti con amore e dedizione, ed aveva anche un’attenzione particolare per i figli di noi collaboratori. Era un uomo che sapeva ridere e accettava gli scherzi bonari che ogni tanto gli facevamo, come fargli credere che quello studente che aveva dato biochimica 7 volte ed era alla fine passato con 18, era diventato il capo ripartizione del settore biochimico di una nota industria americana.
Negli ultimi anni, dopo che aveva smesso di frequentare l’università per ragioni di salute, con altri suoi allievi affezionati, avevamo l’abitudine di incontrarci per Natale e per qualche sporadica festa: era sempre un piacere scoprire quante cose nuove aveva da raccontare. Aveva imparato l’ebraico per studiare testi biblici, aveva letto nuovi libri…..Con lui se ne va non solo un pezzo della nostra giovinezza, ma anche una parte importante della nostra vita attuale, in cui sapevamo come raggiungerlo per chiedere se la ftalocianina veniva metabolizzata prevalentemente per il rame o per il carbonio.
Ma la cosa indimenticabile del Professor Giunta era la sua disponibilità all’ascolto: quei lunghi pomeriggi in via Accademia in cui ci elargiva pacatamente consigli su come aggirare gli ostacoli, in cui discutevamo dei massimi sistemi, dai legami a idrogeno ai rapporti causa-effetto, dall’importanza dei geni all’influenza dell’ambiente, dall’evoluzione per competizione all’evoluzione per simbiosi…. Una filosofia della Scienza e della Vita di cui sentiremo la mancanza.
Per tutte queste cose provo un’enorme gratitudine. E credo che chi l’ha conosciuto più da vicino condivida questo mio sentire."
Queste le parole con cui lo ricorda Enrica Pessione, stimata collega di lunga data del Professore.