ATTENZIONE: il sito dell'Ordine dei Biologi del Piemonte, della Liguria e della Valle d'Aosta è in aggiornamento, alcuni contenuti potrebbero non essere disponibiliATTENZIONE: il sito dell'Ordine dei Biologi del Piemonte, della Liguria e della Valle d'Aosta è in aggiornamento, alcuni contenuti potrebbero non essere disponibili 

Pubblichiamo a seguire una lettera aperta della dott.ssa Patrizia Gavagnin, Biologa della fauna selvatica.

Una riflessione che la collega ha voluto condividere in seguito al patrocinio dell'Ordine all'evento "Parliamo del lupo e cerchiamo una strada di convivenza", tenutosi a fine gennaio nel comune di Pigna.

 


 

"La riforma dell'ordinamento della professione del biologo rappresenta una tappa importante per la nostra professione. La regionalizzazione dell'Ordine consente una maggiore vicinanza agli iscritti e alle loro esigenze nelle diverse zone.

La nostra attività rappresenta un mondo articolato perché i campi della biologia sono tanti, con tante potenzialità di sviluppo, e tanti ancora sono gli indirizzi che ne derivano o ne deriveranno in futuro. Abbiamo, insomma, un sacco di lavoro da fare!

Non voglio fare un discorso retorico, ma essere biologo e “pensarla da biologo” - come dice un vecchio amico ligure che è appunto un biologo che ha sempre lavorato sulla fauna selvatica - è la cosa che faccio da sempre.

Sono iscritta all'Ordine da piuttosto tempo dopo una laurea in Scienze Biologiche del vecchio ordinamento e una tesi di zoologia sull'erpetofauna cosiddetta “occidentale”, ovvero un insieme di specie tra rettili e anfibi che appartengono al bacino occidentale del Mediterraneo e in Italia hanno una distribuzione localizzata solo in talune aree geografiche.

È una storia affascinante. Pensate: questa distribuzione biogeografica origina dall'antica ripartizione delle terre emerse quando si è separata la Pangea …

A dire il vero, il mio principale interesse è stato da subito rivolto ai Mammiferi e tra questi i Carnivori, ma ho potuto occuparmene solo dopo qualche tempo sia perché avevo in parte perso i contatti con l'Università, dove principalmente si svolgevano fino a quel momento i lavori zoologici, sia per il fatto che negli anni '90 le attività sui Vertebrati erano ancora indirizzate in buona parte solo alle specie di interesse venatorio.

Un mutamento nel quadro è avvenuto con il progetto strategico NATURA 2000 dell'Unione Europea, con la Direttiva HABITAT che prevede la creazione di un sistema (Rete Ecologica) di aree, in Rete appunto, per tutelare le specie e gli habitat rilevanti al fine di conservare la biodiversità sul territorio europeo.

L'approccio è ecosistemico, l'obiettivo è conservare non solo gli habitat naturali ma anche quelli seminaturali, come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi, i pascoli … aree dove la secolare presenza delle attività umane ha permesso il mantenimento di un relativo equilibrio tra le attività antropiche e la natura.

Alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate, per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l'agricoltura non intensiva. Le aree Natura 2000 non sono aree strettamente protette dove non sono possibili attività, ma aree dove le azioni devono essere valutate e indirizzate in modo da poter essere condotte in modo compatibile alla conservazione dei beni naturali che vi sono stati descritti.

Natura 2000 rappresenta un campo di opportunità per i biologi che sono interessati a svolgere attività di tipo ambientale. Le valutazioni e il monitoraggio conseguente non sono in realtà un ambito specificamente indirizzato a un unico campo professionale piuttosto che a un altro e sono di solito condotti da tecnici provenienti da più indirizzi di laurea, come anche naturalisti o dottori forestali o simili, secondo le competenze specifiche e le conoscenze acquisite da ciascuno attestate dal curriculum.

Sicuramente è un campo in cui i possessori di un titolo di titolo di laurea in Scienze Biologiche, del nuovo o vecchio ordinamento, possono cimentarsi in quanto nel corso di studi sono previsti temi relativi alla botanica, all'ecologia, alla zoologia … a quanto è necessario per affrontare le tematiche della conservazione della biodiversità.

Questa opportunità è stata in buona parte dimenticata nello schema “Albero delle competenze del biologo” che è stato prodotto, ancora a livello nazionale, quando è iniziato l'iter di regionalizzazione dell'Ordine, dove figurano aree di intervento di tipo botanico ma principalmente di tipo applicativo, come esecuzione di analisi o simili, e non altri campi quali ad esempio il campo zoologico a cui il biologo avrebbe la competenza di applicarsi indirizzando la sua formazione professionale.

Senza voler essere tacciata di campanilismo, molti tra gli esperti che seguono in Italia gli argomenti della Biologia della Conservazione e lavorano sulla fauna selvatica - nelle Università, presso l'Agenzia Nazionale ISPRA, presso Enti Parco o anche liberi professionisti - provengono da un corso di studi in Scienze Biologiche.

Personalmente ritengo che la tematica della conservazione della biodiversità sia un argomento che possa interessare molti iscritti e rappresentare uno spunto utile per sviluppare opportunità di lavoro e sarei molto contenta di aiutare in questo senso.

A questo proposito voglio ringraziare l'Ordine per aver fornito il patrocinio ad una giornata informativa sul lupo che è stata organizzata recentemente in Liguria, inoltrare la richiesta era sembrato doveroso dal momento che tra i partecipanti eravamo in tre ad essere biologi. Per quanto mi riguarda è stata la prima volta e altre ne seguiranno!

Grazie dell'attenzione e un saluto cordiale a tutti.
Patrizia Gavagnin"